Discutendo con un collega è venuta fuori questa storia
dell’inscriversi o meno al sindacato. Effettivamente non possiamo dire, salvo
lodevoli ma ancora rarissime eccezioni, abbia particolarmente a cuore lo stato
della categoria, visto il sostanziale disinteresse dei CDR verso lo
sfruttamento dei collaboratori, il lavoro ‘illegittimo’ dei pensionati, le vessazioni
più o meno continue e palesi cui gli ‘scomodi’ sono sottoposti, la ‘tenerezza’,
per non dire la sostanziale ‘connivenza’ con gli editori anche nei momenti in
cui questi danno il peggio di sé, il ritardo con cui si affrontano le vertenze,
il tipo di tattica e di strategia nelle medesime…Però…c’è un però.
O ‘noi’, e quando dico noi intendo tutti quelli che non sono
‘nei giochi’ e valutano negativamente l’azione del sindacato –nel suo complesso-
riusciamo a ‘farci’ un nuovo sindacato
oppure ‘entriamo’ in quello che c’è, sporcandoci le mani, e provando a cambiare
le cose.
Io propendo decisamente per la seconda ipotesi. La storia
ella nostra categoria e non solo dimostra che la creazione del nuovo richiede
una spinta rivoluzionaria che al momento non mi pare di individuare nella ns
categoria. Dunque si tratterebbe di un’impresa sostanzialmente suicida.
E io dico anche inutile.
E’ vero, un sindacato unico ha i suoi difetti. –le sue
distorsioni. Ma ha anche i suoi pregi: ad esempio lo stare insieme, il dover
stare insieme nelle medesime cose invischiati.
A vederla in positivo è un’opportunità straordinaria, a meno
che, come troppo spesso capita di recente, non sia invece un modo per perseverare
in dinamiche oramai vetuste che presuppongono la sopraffazione dei più deboli
da parte dei garantiti.
Dico vetuste perché, questo sì, è un rapporto di forza che
si è nei fatti oramai capovolto.
Dunque stare dentro. Sin da subito per non trovarsi
impreparati alle scadenze elettorali che prevedono un margine di almeno di due
anni per essere eleggibili. Bisogna essere iscritti (in regola e non morosi)
invece per votare.
Per chi è sotto i 10mila euro di reddito l’anno da lavoro
giornalistico si può chiedere la tessera ‘scontata’ a 10 euro. E una delibera
che abbiamo fatta votare scorsa consiliatura e che bisogna rivendicare all’atto
dell’iscrizione.
Poi, cura di ya basta, appena avremo dei rappresentanti
all’interno del direttivo sarà prevedere
che il costo della tessera sia ‘calibrato’ sul reddito, a partire dalla considerazione che ad un
disoccupato la tessera deve costare simbolicamente al massimo euri. E da lì prezzi difefrenziati a seconda del reddito. Perché siamo tutti giornalisti, seguiamo tutti le stesse
regole, abbiamo tutti la stessa dignità e deontologia, facciamo lo stesso
mestiere sia pur in media differenti, ma guadagniamo cifre differenti, e
dunque…
Per ya Basta
Domenico Guarino