La campagna elettorale è già partita a piene mani. Le correnti
sindacal-ordinistiche hanno già cominciato a scontrarsi, sono cominciati
i pranzi segreti, le fronde i tradimenti. Uno spettacolino non certo
edificante per quanti vi assistono, e per i colleghi che hanno
difficoltà a mettere insieme uno stipendio in questi tempi di crisi. E
del resto le analisi degli spammatori di professione sui social network,
le campagne demagogiche sull'equo compenso (nei fatti avversato, a
parole osannato), le opinioni del 'pensiero unico' che obbligano persone
che hanno lavorato a un progetto a votare contro, mettono in evidenza
che la sfida delle macchine elettorali è già cominciata. Potentati da
una parte, giornalismo militante dall'altra sono di nuovo in movimento. I
mezzi di convincimento sono sempre gli stessi: le consuete logiche di
appartenenza, apparentamento. E le difficoltà a trovare una
collaborazione degnamente retribuita, la crisi dell'editoria rendono più
facile il compito. Si usano tutti i mezzi, leciti e meno leciti (il
secondo l'ho provato sulla pelle tre anni fa) pur di disinnescare
l'avversario. E' il fazionismo il vero veleno di una categoria di
individualisti, dove ciascuno pensa sempre di essere più bravo
dell'altro, di avere una risorsa in più per scavalcare l'altro.
Intanto i problemi restano sempre lì'. Da trenta anni anni si
paventano rischi, si analizzano scenari, ma poi non è mai cambiato
niente. Anzi è cambiato tutto, visto che un gruppo sempre più ristretto
di privilegiati si è garantito lauti stipendi e laute pensioni
incentivate (magari con contratti ci collaborazione), ha sfondato il
mercato col giornalistificio e ha bruciato varie generazioni di
colleghi. Non solo i precari, ma anche gli stessi contrattualizzati.
Sempre di meno, costretti a cedere fette di dignità. Io ho 41anni, in
Europa ci sono quarantenni che dirigono prestigiose riviste, mentre gli
'inviati sul campo' sono trentenni o poco meno. Qui a quaranta anni
siamo ancora 'giovani colleghi'... e anche questa storia non cambia.
Strozzati con contratti a tre euro o peggio senza contratto. Costretti
ad accettare condizioni capestro, 'stravolgimenti' dei contratti,
vessazioni.
Io dico da sempre che è necessario organizzarsi. Oggi per impegnarsi negli istituti di categoria, un indipendente doveva scegliere di candidarsi da una parte o dall'altra. Noi dobbiamo raccogliere tutta la gente di buona volontà, quelli che non hanno interesse per le correnti, l'esasperata politicizzazione della categoria, il sindacalismo a buon mercato. Candidarci e farle noi le riforme, come abbiamo fatto a Firenze. Candidarci e togliere il timone a chi ha affossato il nostro futuro. Dobbiamo provarci, senza aver paura di fallire. Denunciare questo orrore nella melassa degli 'adoranti' il vitello sacro è sicuramente marcare la differenza. Abbiamo il dovere morale di farlo. Per il nostro oggi e per il domani dei nostri figli, ai quali vorremmo consegnare una società migliore (non paracularli per un posto fisso, magari barattando l'incentivo al prepensionamento). Per cambiare dovremo essere tanti. Se non ce la faremo, almeno avremo tentato; sicuramente avremo la consapevolezza che la lamentazione è uno degli sport preferiti tra i colleghi, che però per stanchezza o ignavia non scelgono di impegnarsi in prima persona. Di fatto lasciando spazio a loro, ai moralizzatori, agli ultimi custodi del fuoco sacro della professione, eletti con tre voti dei soliti noti, si godranno le ultime briciole. Orchestra del Titanic... magari, specchio dei tempi sembrano più la Costa Concordia.
FABRIZIO MORVIDUCCI
Io dico da sempre che è necessario organizzarsi. Oggi per impegnarsi negli istituti di categoria, un indipendente doveva scegliere di candidarsi da una parte o dall'altra. Noi dobbiamo raccogliere tutta la gente di buona volontà, quelli che non hanno interesse per le correnti, l'esasperata politicizzazione della categoria, il sindacalismo a buon mercato. Candidarci e farle noi le riforme, come abbiamo fatto a Firenze. Candidarci e togliere il timone a chi ha affossato il nostro futuro. Dobbiamo provarci, senza aver paura di fallire. Denunciare questo orrore nella melassa degli 'adoranti' il vitello sacro è sicuramente marcare la differenza. Abbiamo il dovere morale di farlo. Per il nostro oggi e per il domani dei nostri figli, ai quali vorremmo consegnare una società migliore (non paracularli per un posto fisso, magari barattando l'incentivo al prepensionamento). Per cambiare dovremo essere tanti. Se non ce la faremo, almeno avremo tentato; sicuramente avremo la consapevolezza che la lamentazione è uno degli sport preferiti tra i colleghi, che però per stanchezza o ignavia non scelgono di impegnarsi in prima persona. Di fatto lasciando spazio a loro, ai moralizzatori, agli ultimi custodi del fuoco sacro della professione, eletti con tre voti dei soliti noti, si godranno le ultime briciole. Orchestra del Titanic... magari, specchio dei tempi sembrano più la Costa Concordia.
FABRIZIO MORVIDUCCI
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